Raimon Panikkar

site officiel

Il diálogo intrareligioso

 



Come spesso accade nelle opere di Panikkar, il testo è preceduto da diverse prefazioni che si susseguono nel tempo ed evidenziano un continuo lavoro di aggiornamento e revisione.
In particolare questo testo è una traccia di una metodologia di dialogo per sua natura aperta ed “in progress”. Il primo capitolo “La retorica del dialogo” analizza quattro atteggiamenti dialogici (esclusivismo, inclusivismo, parallelismo, interpenetrazione) e descrive quattro modelli (geografico, fisico, geometrico, antropologico) a formare un quadro sintetico ed estremamente vivace della realtà del dialogo e nello stesso tempo fornendo strumenti di lavoro per una vera e propria pedagogia del dialogo, di cui vi è estremo e urgente bisogno. Il secondo capitolo “Fede e credenza: un’esperienza multireligiosa” partendo dell’esperienza personale dell’Autore, (“Sono ‘partito’ cristiano, mi sono ‘scoperto’ indù e ‘ritorno’ buddista senza aver mai cessato di essere cristiano”) tocca temi di importanza fondamentale non solo per il dialogo fra persone di diverso credo religioso, ma per il cammino esistenziale di chiunque si consideri religioso. In particolare pone in evidenza il fatto che il dialogo autentico costringe a indagare contraddizioni che una visione monoculturale e monolitica tende a ignorare: in primis universalità e concretezza, ovvero come vivere il rapporto concreto con la verità (intesa come concezione che abbraccia la totalità della vita) senza mettere le mani su di essa come fosse una proprietà esclusiva; questo conduce a considerare come centrale il problema del rapporto fra fede e credenza: “la fede, scrive Panikkar, non può essere ridotta allo stesso piano della credenza, ma essa ha sempre bisogno di una credenza per essere fede”. Una fede senza credo è disincarnata e inefficace, le credenze senza fede degenerano in superstizione, l’identificazione di credo e fede apre le porte all’idolatria. Il terzo capitolo “Le regole del gioco nell’incontro delle religioni” tratteggia la struttura di un’epistemologia del dialogo che Panikkar svilupperà senza sosta in tutti i suoi lavori successivi. Il quarto capitolo “L’epoché nell’incontro delle religioni” arriva al cuore del problema. Secondo l’Autore l’epoché (sospensione del giudizio) fenomenologica husserliana non funziona sul terreno del dialogo interreligioso. Nell’incontro con l’altro io non posso sospendere la mia fede, come se non credessi in quel che credo, perché è proprio la mia fede a sostenermi nel dialogo stesso. La natura religiosa del dialogo fa sì che io necessiti di una fenomenologia religiosa per incontrare l’altro allo stesso livello, che è quello della fede e non quello della conoscenza. Questa impensabile eppur necessaria apertura trasforma il dialogo interreligioso in dialogo intrareligioso, cioè in un incontro con e fra l’interiorità religiose dei dialoganti, i cui esiti sono imprevedibili.
Nel quinto capitolo “La categoria di ‘crescita’ nella religione comparata: un approccio autocritico” Panikkar risponde ad alcune forti critiche di parte cattolica nei riguardi del suo approccio al dialogo, introducendo la categoria di “crescita” delle religioni tramite l’incontro: le religioni non sono fenomeni chiusi che la teologia spiega, ma organismi vivi e vitali in continua crescita: l’incontro e il dialogo sono nutrimenti di questo sviluppo.
Infine nell’ultimo capitolo “Shûnyatâ e Pleroma: la risposta buddista e quella cristiana alla situazione umana” si accostano e analizzano il concetto buddhista di vacuità e quello cristiano di pienezza, come due facce complementari dell’umanizzazione dell’uomo. Non si tratta di un esercizio di bravura dialettica per coniugare insanabili contraddizioni, ma di mostrare come due visioni radicali e coerenti seppur antitetiche possono cooperare alla più importante delle avventure umane: “conoscere e accettare la situazione umana e, nello stesso tempo, riconoscere che essa comporta un costante superamento di tutto ciò che l’uomo è ora”.

Jiso Forzani

 

 

«Ecrire, pour moi, est autant vie intellectuelle
qu’expérience spirituelle…
cela me permet d’approfondir le mystère de la réalité.»