L’esperienza piena della vida. La mistica
Opera della maturità, difficile e densa, sembra semplice solo a prima vista, forse per la mancanza di note di carattere scientifico. Quest’opera non è solo “matura” per esser stata scritta “al tramontare della vita”, ma anche perché si è evoluta in una ventina di nuove stesure e, come ha riconosciuto lo stesso Panikkar, “non è un’opera per impazienti”: richiede, a suo parere, una lettura graduale e attenta. Il libro è stato realizzato nello stile orientale dei sutra, ovvero asserzioni che esprimono solo il pensato-vissuto.
Non è nemmeno un libro facilmente classificabile rispetto ai canoni cui siamo abituati: spiritualità, teologia o filosofia? “moderno” o “all’antica”? L’autore è molto chiaro al riguardo: “Non va incluso tra le discussioni contemporanee di natura accademica sulla mistica”. Esce anche dagli schemi abituali ed è radicalmente interculturale: questo è quanto notiamo fin da subito, sfogliandolo e intravedendo le decine d’autori citati.
Il libro intende “tornare a reintegrare la mistica nella natura stessa dell’uomo, che è spirito mistico tanto quanto animale razionale ed essere con un corpo”, poiché la mistica non è una “specializzazione” dell’essere umano, bensì la sua versione più completa, quindi deve essere profondamente gioiosa e corporale-carnale; con parole che spesso si ripetono dice che è la “piena esperienza della vita” o della “realtà”, più che un insieme di esperienze estatiche o elucubrazioni concettuali. Una realtà che è trinitaria, cosmoteandrica, come piace dire a Panikkar. La mistica è da sempre presente nella storia dell’umanità, ed è una parola polivalente che pretende tener ben aperti i tre occhi dell’uomo: quello sensibile, quello razionale e quello spirituale (l’occhio della fede).
L’opera vede il suo nucleo fondamentale in nove densi sutra, sviluppati in altrettanti estesi capitoli: la mistica è l’esperienza integrale della realtà, essendo l’esperienza il tocco cosciente con la realtà. Quest’ultima è il nostro mythos. I capitoli sono preceduti da una riflessione sull’ambivalenza della mistica, il suo luogo, la parola stessa e i diversi linguaggi nei quali è giusto integrarla (scientifico, filosofico e mistico con alcune affinità con il campo del poetico e dell’artistico, ma con una netta differenza rispetto ad essi), e l’antropologia ad essa soggiacente, per terminare con una “peregrinazione mistica” che dovrebbe curarci dalla gravissima epidemia d’oggigiorno: la superficialità. In seguito ai nove sutra vi è un interessante paragrafo che parla dei linguaggi mistici: l’hindu, il buddhista, il secolare e il cristiano; per concludere con il “metalinguaggio mistico”. L’opera termina con una lunga preghiera e diversi preziosi glossari che spiegano i termini utilizzati e illustrano gli autori citati.
Dire che stiamo parlando di un gran libro, non sarebbe né un luogo comune né un eufemismo, bensì la manifestazione della realtà; tanto se si è d’accordo in ogni cosa o solo con una parte di ciò che nel libro si dice, quanto se si è in disaccordo. L’autore stesso confessa che il suo interesse è che “questo testo sia solo un pretesto affinché il lettore vada costruendo il proprio”.
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