Raimon Panikkar

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PERCORSO DI VITA E DI PENSIERO


 

7. Svariati Panikkar o una continuità nella diversità?

“Non possiamo identificarci con le nostre idee. Le idee hanno importanza, ma una importanza relativa. Chi non sa superare la dicotomia tra l’essere e il pensare, tra ciò che uno è e ciò che uno pensa, diventa schiavo del proprio pensiero e in ultimo termine perde il senso cristiano dell’esistenza ” (La nuova innocenza).

Si è parlato in più di un’occasione di “svariati Panikkar” e, in particolare, di due: un primo Panikkar conservatore, cattolico e neotomista, e un secondo Panikkar nel quale confluiscono cristianesimo, induismo, buddhismo e secolarità, creando una filosofía e una teología originalissime.

Bisogna riconoscere che nel nostro autore c’è una evoluzione da una concezione tradizionalmente cattolica e un pensiero neotomista ad una amplissima impostazione universale che lo porta a un dialogo non solamente interreligioso, ma anche intrareligioso; questo secondo Panikkar è quello che ha prodotto di più e che più ci interessa. Non ci sembra però reale questa separazione, questa differenza fra il giovane Panikkar e il Panikkar maturo. L’itinerario vitale e intellettuale panikkariano, piuttosto, ci si manifesta come “una esistenza unica, caleidoscopica e progressivamente accellerata”, come ben afferma il Dr. Miquel Siguan.

Malgrado i profondi cambiamenti affrontati nella sua vita e l’impronta da essi lasciata nell’evoluzione del suo pensiero, crediamo che esista una certa continuità e troviamo un filum, un filo conduttore constante, fin dai suoi primi scritti: l’aspirazione di farsi carico dell’uomo e portarlo fino alla origine ultima, fino alla pienezza in una costante ricerca dell’armonia. Lo stesso Panikkar insiste su questa continuità del suo pensiero. “La mia grande aspirazione era ed è di abbracciare o, ancor meglio, di arrivare a essere (a vivere) la realtà in tutta la sua pienezza” (“Autobiografía intelettuale. La filosofia come stile di vita”).

Concetti fondamantali panikkariani come ontonomia e cristofania appaiono in Panikkar definiti con chiarezza negli anni ’50 e nel 2000: “Tutto ciò che ho scritto… non lo si può capire altro che in funzione di una intuizione fondamentale dell’Essere come una cristofanía” (“Mi testamento” Cometas, 1954). Lo stesso Raimon Panikkar confessava in una delle sue interviste: “Io non ho avuto un’esperienza di Damasco, non sono caduto da cavallo né ho avuto un’esperienza folgorante.… La vita la si vive… La vita ci è stata data… Siamo talmente abituati a oggettivare che subito ci facciamo eroi o ci confessiamo… Per dirlo in modo più filosofico: il gran mito dell’Occidente è la Storia… Io non scrivo la mia storia, la vivo” (Exodo, 65. 2002).

Certo, però, che, confrontando i primi scritti di Raimon Panikkar con quelli posteriori, si nota una evidente evoluzione nella continuità della ricerca della sintesi e dell’armonia totale. Ciò corrisponde ad una esperienza umana comune: siamo esseri in divenire. Se questo divenire è negato o bloccato, perché ci sembra di aver già raggiunto la verità assoluta, corriamo il rischio di cadere in un fondamentalismo intollerante.

*1. Un uomo eccezionale. La quadruplice identità di Raimon Panikkar

*2. Un’ origine multiculturale e multireligiosa. Da Barcelona a Roma, passando per Bonn, Madrid e Salamanca (1918-1954)

*3. L’India. Simbiosi cristiana-hindú-buddhista. L’ incontro con Monchanin e Le Saux (1955-1966)

*4. La docenza universitaria in California (1966-1987)

*5. Il ritorno alle radici catalane a completamento del suo ciclo vitale

*6. L’opera scritta di Raimon Panikkar

*8. Attività di conferenziere

*9. Il ritorno alla Sorgente

*10. Il suo lascito intellettuale

 

“Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù
e ritorno buddhista,
senza cessare per questo di essere cristiano”